domenica 8 aprile 2018

ARTICOLANDO ( 17 ) : RECENSIONE DI MARIA ELENA MIGNOSI PICONE AL LIBRO DI LILLY PETERMANN "HO INCONTRATO UN ANGELO"




Articolando


Articolando, è una nuova rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
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In questo n. 17 ritroviamo la poetessa e scrittrice MARIA ELENA MIGNOSI PICONE con una sua recensione al libro di Lilly Petermann  dal titolo "Ho incontrato un angelo"


Auguro a tutti voi una lieta lettura!





RECENSIONE





                                                        
Presentiamo un’autrice al suo esordio nel campo della letteratura. E’ questa la sua prima pubblicazione ma ce ne sono in preparazione altre, un romanzo e una fiaba. Questo è un libro di poesie alle quali fa seguito una breve operetta teatrale in tre piccole scene.

Ma non è recente il suo approccio alla scrittura: la sua prima poesia risale all’età di quindici anni. E non è solo la letteratura il campo cui si è dedicata ma anche l’arte, la musica e la pittura. Ha studiato pianoforte e ha insegnato musica nelle scuole; recentemente ha ricevuto un premio, per quanto riguarda la pittura,  per un suo acquerello. Pittore era anche il marito. Nella prefazione Alfio Inserra fa riferimento al marito che egli conosceva direttamente, e  apprezzava  molto sia come persona che come artista.

L’autrice si chiama Lilly Petermann. Dal cognome comprendiamo subito che le sue origini sono tedesche. E’ stato il bisnonno, che era professore in Germania, a venire in Italia; poi il padre, che era ingegnere e viveva con la famiglia a Lecce, è stato trasferito in Sicilia, e una volta venuto qui, non se ne volle andare più tanto rimase affascinato dalla bellezza della nostra terra. Questo amore per la Sicilia, per Palermo in particolare, dove furono trasferiti, lo trasmise alla figlia Lilly e anche lei mise radici qui amando appassionatamente la nostra città. Quindi ormai è da ritenere una di noi, se non altro per adozione: c’è venuta piccolissima qui, in fasce, aveva appena diciotto mesi.

I tedeschi, è risaputo, amano molto  la Sicilia e inoltre se ci pensiamo bene, di contro alla fama che hanno di essere freddi e rigidi, hanno invece qualcosa in comune con noi siciliani: sono passionali. E che siano passionali,  già lo abbiamo appreso dalla famosa saga dei Nibelunghi, scritta nel Medioevo, che costituisce il loro poema epico, dove risaltano i sentimenti forti, anche eccessivi talora, sia nel bene che nel male, sentimenti tenaci, che durano anche oltre la morte, e dove la  passione è la molla delle loro azioni.

E così è la nostra Lilly. Una donna che ha profuso  in tutto quello  cui si è dedicata,  grande passione.
  
Ma c’è un elemento che la caratterizza in particolare, qualcosa di inconsueto, nel grado in cui è espresso, di personale, che difficilmente riscontriamo in altri e che costituisce una novità, una sorpresa direi quasi.

E che cosa è? Di che si tratta? Cominciando già a sfogliare le prime pagine, questo elemento risalta efficacemente e si mantiene costante per tutto il libro, anche nella parte in prosa delle scenette. Per capire meglio di che si tratta, basti pensare a Giovanni Pascoli che mise in evidenza come nell’essere umano spesso si perpetua nel corso della esistenza, quello che egli chiamava “l’eterno fanciullino”. Ecco noi lo chiameremo “spirito d’infanzia”. E’ proprio questo che caratterizza Lilly Petrmann  e di riflesso la sua opera, evidentemente. E’ lo spirito d’infanzia. Esso è molto più dell’eterno fanciullino, ha qualcosa di molto più profondo.

Come sosteneva un santo, San Iosemaria Escrivà de Balaguer, “La infanzia spirituale non è semplicioneria spirituale né mollezza: è cammino saggio e vigoroso per la sua difficile facilità”. Difficile facilità. Eh sì! Pensiamo alla semplicità e alla naturalezza, tipiche dello spirito d’infanzia. Com’è difficile essere semplici e naturali! Diceva Pirandello: “Troverai molte maschere ma pochi volti”. Come poco le riscontriamo in quelli che ci circondano queste belle qualità! Ecco Lilly ha tutto questo. E ce l’ha per natura, natura che non si è modificata con gli anni, né si è alterata coi dolori, coi dispiaceri che la vita purtroppo tante volte ci riserva (la morte del marito),  e neanche  per la cattiveria di qualche persona che ce la mette proprio tutta per nuocerci, per danneggiarci. E qui c’è una figura del genere; è simboleggiata dalla suocera, (il che non è detto: ci sono suocere bravissime, delle seconde mamme); qui non è specificato che sia la sua né noi per discrezione vogliamo saperlo. Ma se non è la suocera può essere qualsiasi altro, un falso amico, anche un fratello e certe volte, sembra assurdo, anche il padre o la madre. C’è, speriamo non sempre, e speriamo il meno possibile, qualcuno che nella esistenza si è proprio ripromesso di piantare grane, direttamente o alle nostre spalle. E qui c’è questo spiacevole personaggio. Risalta soprattutto nella operetta teatrale ma anche ricorre in una poesia, La megera. Eppure, qual è l’ atteggiamento di fronte a tanta cattiveria? La suocera infatti vuole distruggere l’amore del figlio verso la moglie, e non fa altro che disprezzarla, offenderla e calunniarla. Quale è la reazione che riscontriamo qui? Beh, quella che potrebbero avere i bambini di fronte  al lupo, all’orco o alla strega, delle favole.  Il bambino non  odia, è innocente, il che significa che non può, per la sua natura stessa, nuocere, non ha sentimenti di vendetta; il bambino si stupisce e poi, se è confortato dall’affetto dei genitori, dal papà e dalla mamma, insomma non gli fa né freddo né caldo. Lo prende come un giuoco. E  così lo prende Lilly. Sfido io a trovare un adulto che, bersagliato di continuo dalla cattiveria di un altro ,  prende il tutto con serenità e non venga preso dalla tentazione di incattivirsi!  Ecco la difficile facilità.

Allora possiamo osservare che lo spirito d’infanzia, diversamente  da come si potrebbe supporre, perché si tratta di bambini, non è affatto immaturità, ma il contrario; quando lo si viva consapevolmente è padronanza. E’ signorilità. E’ grande forza di animo.
Questo per dire che non ci troviamo affatto di fronte ad una persona che prende le cose alla leggera. Ecco il rischio che potrebbe correre questa opera è di essere giudicata leggera e superficiale. Ma allora la leggerezza e la superficialità starebbe non in Lilly ma in chi giudica; infatti ognuno vede nell’altro quello che ha dentro, e non può vedere quello che non ha. Se uno non ha spirito d’infanzia non può vederlo negli altri.

Ciò premesso passiamo ad un altro chiarimento ancora. E partiamo da quello che Lilly Petermann non è. Infatti tante volte si capisce meglio un concetto partendo da quello che è il contrario. Lilly Petermann non è, come si potrebbe supporre dalla scenetta finale che è sul tono dello scherzo, un’autrice comica. Con tutto il rispetto verso il  genere comico, (è più difficile fare ridere che fare piangere), non è il suo caso. Ella non si prefigge assolutamente di fare ridere, come il bimbo, che tante volte risulta divertentissimo, ma non ci mette nessuna intenzione, lo fa con assoluta naturalezza. E così è Lilly. Questo è spirito d’infanzia. Emerge anche qui. Per approfondire meglio questo aspetto consideriamo la differenza tra allegria e letizia. Quando pensiamo ad una persona allegra la immaginiamo subito ilare, vivace. Però può essere solo apparente: il cuore può essere buio, nero come la pece. Una persona lieta, magari è all’aspetto seria, però nel cuore  è serena, di una serenità che nessuno le può togliere, anche a prescindere dalle circostanze che possono essere pure penose.  Lilly Petermann in questo senso è una persona ricca di letizia. Rientra nel secondo caso. Ecco perché non l’accosterei agli autori comici. Siamo in tutt’altra sfera.

Lo spirito d’infanzia si manifesta nel brio e nella gaiezza. Una poesia molto indicativa è Lella Lolla Lalla, sono parole che sembrano messe in bocca proprio ad una bambina. “Io sono / una bella ragazzina, son Lella /…Io son più grande / e molto carina,/ son Lalla /…Aspettate un momentino, / perbacco siamo in tre, / ci sono anch’io: / Son Lolla a viso aperto / e birichino, / bella, disinvolta  / e tutta brio”. Capite da qui su che tono sono le sue poesie. Ancora in un’altra: “Marinarette, / libere, gioconde / e birichine, / noi siam le sirenette / dell’acqua cristallina, /…cantiam/ la gaia nostra canzone: / La vita è per noi / tanto amata, / ed è inghirlandata / di gioia, d’amor / e di poesia”.  Ecco, non è che queste poesie suscitino il riso, no, ma suscitano gioia, gioia di vivere. Letizia. Questa la ritroviamo pure in “Le fioraie di Sicilia”: “Di Sicilia noi siam le fanciulle, / fra il sorriso siam nate tra i fior, / in una terra che è tutta un incanto / e che è smagliante di mille color”, e ancora in altri versi sempre della stessa poesia: “All’azzurro beato del cielo / l’inno dolce sciogliamo / dal cor, / al bel sol che sorride, / cantiamo, chè letizia ci ispira / ed amor”. Ecco la letizia. E’ la letizia l’atmosfera che aleggia in tutta l’opera.

La letizia si manifesta ancora nell’aver trovato l’affetto di un’amica: “Ho trovato una sorellina, /…/ La sento così cara / e a me propizia / che ne invoco / con ardore la presenza / … / è la mia grande forza / ed ha per me  / tutta la sua tenerezza”; ancora nel ricordo della nonna, a proposito della quale rievoca lo stupore per l’abito Ottocento che ella portava: ”Guarda un po’  / la mia cara nonnina / che cosa portava, / guarda un poco / che vita, che gonna, che vesta si usava”. Da notare “vesta”. Anche io, da bambina dicevo “vesta” e poi mi hanno insegnato  che si dice “veste”. Mi ci sono ritrovata. E dalla nonna alla Madonnina la cui statua si trovava nel giardino delle suore dove andava a scuola da piccola: “Di giorno il sole ti bacia e canta: / Madre dolcissima, tre volte santa. / La notte veglia bianca la luna, ti guarda e dice: Madre sei pura: / e conclude: “A noi concedi, / e appaga il gran desìo, / di vivere amando / sempre Dio”. E tutto è rivissuto nella letizia.

Anche il suo linguaggio com’è immediato, fresco, spontaneo!

Ma se predomina nelle poesie il brio, la gioia, la letizia, però Lilly Petermann è sensibile anche al dolore altrui, se ne compenetra fino a sentire le stesse angosce che ad esempio si impadroniscono delle donne quando, in riva al mare che si fa tempestoso, aspettano i loro cari usciti nella notte per la pesca. “Ha triste cantilena, / la sirena  / che agghiacia / il cor. /…Nel silenzio della sera, / là, lontano, / giù nel mare, / un singhiozzo / s’ode ancora”.
Animo sensibile e delicato quello di Lilly Petermann, che, pur non ignorando il dolore del mondo, però da questo non si lascia sopraffare, e sorprendentemente mantiene intatta nel corso della sua esistenza quella freschezza, quella gioia di vivere, che è propria di una infanzia felice. E perciò inneggia alla stagione più ridente:  “Primavera  / di erbe vestita, / di gemme /e di fior. / E’ tornato Marzo, regna in ogni cuor / la felicità.” E  non poteva mancare certamente la Sicilia: “Il cigno regale, / venuto dal mare, / ci porterà / nell’Isola del sole, / affrettiamoci, affrettiamoci / ad andare”.

Gioia, amore, letizia; brio gaiezza, semplicità e naturalezza. Tutto questo ci offre La nostra Lilly con questa sua opera, che nella sua brevità, eppure risulta molto incisiva, si scolpisce nell’animo e ti allaga il cuore  di letizia.

“Ho incontrato un angelo” è il titolo del libro. Anche oggi ciascuno di noi può dire, avendo conosciuto lei: “Sì, è vero, ho incontrato un angelo!”

E, da tutto quello che abbiamo osservato fino ad ora, emergono in lei tante doti spirituali, la gioia, l’amore, la dedizione; anche nella operetta finale, un personaggio, sbigottito dalla cattiveria della suocera, (ma non tanto di questo quanto dal fatto che la cattiveria è rivolta verso chi proprio non la merita), esprime il suo disappunto con queste parole: “Ma lei, dottoressa, è così bella, giovane e di grande famiglia! Ha ricevuto una educazione così raffinata e quante belle doti ha!...quante spese di beneficenza fa…”. C’è anche questo nella vita. Proprio le persone migliori, le più gentili, le più dolci, ricevono i peggiori trattamenti. Sembra un paradosso ma è così, è realtà, purtroppo, e tante volte dalle persone più vicine, dagli stessi familiari!

Un angelo dunque. Però certo non siamo in paradiso, ma siamo sulla terra, non è tutto spirito l’angelo terreno, ha anche la sua fisicità. E anche questo aspetto possiamo rilevare, nel libro, ma quello che più lo mette in evidenza, oltre le poesie, sono le foto che troviamo tra le pagine. In più di una foto Lilly è ritratta  a tavola mentre gusta le prelibatezze che le offrono. E anche questo è segno della positività del suo carattere. Amare la buona tavola, saper gustare i sapori, gioire anche di queste piacevolezze è indice di animo lieto, non certo cupo ed ombroso, che magari rimane del tutto indifferente a questi piaceri.  E anche da qui balza evidente lo spirito d’infanzia. Quanto sanno gustare i bambini i cibi buoni! In nessun’altra età, sicuramente, si gustano con tanto piacere.

Lo spirito dell’infanzia, come semplicità e naturalezza, lo possiamo notare anche in altre foto, una è quella che apre la raccolta, l’altra è in copertina. Sullo sfondo, in entrambe le foto, la sua immagine si staglia sul verde della vegetazione, sui prati e sugli alberi di un giardino. Ma quel che colpisce è il suo porgersi, con atteggiamenti che non hanno niente di artificioso, ma sono molto spontanei; in copertina poi è ritratta in una mossa  sbarazzina, aerea quasi, come di una che volesse ergersi in aria, librarsi verso l’alto. Come in un  giuoco. Anche l’abbigliamento è molto semplice. Come i bambini quando giocano all’aperto in campagna. Da notare ancora la sua foto sul retro della copertina e l’abito dai colori vivaci, bianco e rosso, con collana verde. Vi si riflette la pittrice  e la sua passione per i colori. Amare i colori è gioia, letizia. C’è chi veste sempre di scuro, sempre di nero; proprio fa chiudere il cuore. Non così nella nostra Lilly, la cui presenza già è un invito alla gioia. Nella poesia “Ho incontrato un angelo”, Sergio, l’autore, così prorompe: “Lilly, tu sei il mio angelo luminoso… amo starti vicino…e allora sento il cuore / di gioia palpitare: / sei bella come la rara rosa del mare, / sei preziosa come la gemma più cara. / Risplendi, o mia lucente stella,  / delle tue brillanti fulgide luci”. In questo nostro tempo in cui, già sin dal mattino, quando si esce, si incontrano tanti visi lunghi, anche di giovani, forse soprattutto, purtroppo, di giovani, in cui manca la speranza, non c’è  luce, allora una persona come Lilly è come un augurio, una scossa elettrica, uno sprone.

 Non per nulla nelle immagini ella è immersa nel verde, e il verde è il colore della speranza.
E allora, come lei, diciamo “Via!” a persone come la megera che invece dice: “Son venuta da paesi lontani / seminando a piene mani / ansie, angoscie ed odii insani./ …tutti i vizi io ho per figli /…/ Nel mio mondo / solo gemiti e lài / e disastri e guai… Nella gente timorata / e nei cuori casti e buoni / so accendere le tentazioni / e le più orribili passioni”. E conclude Lilly, e noi le facciamo eco: “Via vai, via vai, via vai”!

Ben vengano dunque le persone come la nostra Lilly, piena di gioia e di letizia!

Ben venga lo spirito d’infanzia!

E’ una ventata di aria fresca.
                                                                              Maria Elena Mignosi Picone

(Nella foto: La poetessa e scrittrice Maria Elena Mignosi Picone autrice della recensione). 

                                              

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